Il fenomeno dell’OUTSOURCING (letteralmente "ricorso a fonte di approvvigionamento esterno") non è nuovo nelle imprese.Nel settore dei servizi è ormai diffusissimo. Ma incontra ancora molte difficoltà nel settore ascensoristico.Nel passato in particolare era addirittura usato in senso denigratorio: Chi ricorreva all’outsourcing ovvero ai “terzisti”, si diceva che non aveva le capacità per fare da solo ovvero si affidava a manodopera esterna non qualificata come quella interna.Inoltre si era, e forse lo si è tutt’oggi, molto “gelosi” dei propri ascensori e delle proprie installazioni, senza contare che favorire la crescita di altre realtà poteva significare alimentare la concorrenza! Ricordo quando il primo passo lo fecero le multinazionali e per questo atteggiamento furono molto criticate. Le Pmi usavano questo discorso per screditare l’attività delle multinazionali rispetto a quelle delle PMI più affidabili, più capaci, perché utilizzavano esclusivamente personale tecnico interno all’azienda.
Come stanno le cose oggi?
La recente indagine del Centro Studi dell’ANACAM sui tempi medi di incasso e di pagamento delle imprese ascensoristiche, ha evidenziato il grave problema della liquidità aziendale delle Piccole e medie imprese. Lo studio ha evidenziato l’importanza della riduzione dei costi fissi e ricorrenti.L’analisi dei costi delle aziende ascensoristiche di manutenzione, riparazione ed installazione conduce alla seguente formula:
Costi totali = Costi generali + costi commerciali + costi manutentori + costi riparatori + costi installatori + costi materiale + costi finanziari
Come suddividere i costi fissi da quelli variabili?La crisi di liquidità di molte aziende deriva proprio dal fatto che quest’ultime si intestardiscono a mantenere strutture lavorative rigide e non flessibili. Ciò poteva essere vero quando i margini erano elevati ma oggi non è più così e si giunge spesso a gettare la spugna per non volere effettuare una cura di “dimagrimento” strutturale anche se dolorosa.E’ infatti ovvio che una organizzazione che non fa ricorso a risorse esterne ha costi totali invariati (tranne che il costo dei materiali che dipende dal venduto dell’azienda) che non dipendono quindi dall’andamento del mercato e delle contingenze (gare pubbliche vinte, vendita impianti ridotta, ecc), generando nel contempo un esborso di cassa elevato e ripetitivo.Una buona gestione organizzativa deve invece individuare nei costi fissi quelli che non dipendono a medio-lungo termine dal mercato, nei costi variabili invece, quelli “contingenti” e quindi dipendenti dall’andamento del mercato.
Perciò:
costi fissi = costi generali + costi commerciali + costi manutentori + costi finanziari
costi variabili = costi riparatori + costi installatori + costi materiale.
Le spese fisse sono “cash” mentre i costi variabili sono pagati a 30-60gg e più.Il ricorso all'outsourcing è divenuto una necessità e non una scelta.Ovviamente non bisogna rendere variabile “tutto”, “esternalizzando tutte le attività” , diventando così una scatola vuota di intermediazione.Le attività "core" dell'azienda andrebbero salvaguardate trovando un buon compromesso tecnico-organizzativo.Una buona soluzione consiste nell’affidare a terzi i lavori di riparazione ed installazione, conservando all’interno la manutenzione e le piccole riparazioni (anche se qualcuno per rispondere alle gare pubbliche di durata contrattuale breve, preferisce oggi subappaltare anche la manutenzione).
Senza considerare il fatto che si hanno i seguenti vantaggi:
. il costo orario della manodopera è più basso perché le piccolissime organizzazioni terziste non hanno le spese generali e di struttura delle PMI ( si può facilmente dimostrare un risparmio che arriva facilmente al 35-40%!)
. i costi degli interventi dei terzisti sono di solito “chiavi in mano” per cui è possibile stimare le offerte con la massima precisione senza rischi di “sforamenti” di budget, molto frequenti con manodopera interna
. il pagamento è dilazionato nel tempo (almeno 30-60gg)
. possibilità di fare fronte anche a più commesse contemporaneamente utilizzando anche più di un’ azienda terzista
. si possono liberare risorse e tempo per sviluppare nuovo mercati o migliorare le attività interne di manutenzione e piccole riparazione
Quali sono invece gli svantaggi?
. occorre rinunciare ad una parte del proprio "core business"
. occorre selezionare aziende terziste di comprovata affidabilità tecnica e comportamentale (non dimentichiamo che il terzista rappresenta l’azienda presso il cliente)
. occorre seguire sporadicamente sul campo le attività svolte con un tecnico interno
. occorre formalizzare il rapporto contrattuale per le responsabilità connesse all’attività lavorativa (legge 626/94 e 494/94, ecc).
Con la diffusione dei “terzisti” la concorrenza delle altre imprese è molto aumentata per cui il non farvi ricorso pone l’offerta dell' azienda qualche volte fuori mercato. A nulla serva nascondere “la testa nella sabbia” e far finta che il fenomeno non esiste.
Nei riguardi della clientela il discorso può essere posto con maturità senza far credere che il ricorso a manodopera esterna sia una “diminutio” di immagine e/o di “qualità” del servizio reso.
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Il ricorso all'outsourcing è diventata ormai una realtà ineluttabile, della quale non si può più fare a meno e la tendenza è in crescita.
Sono dell’idea, pertanto, che è interesse delle PMI ascensoristiche favorire la nascita e la crescita di queste realtà per poterle utilizzare come normale prassi organizzativa aziendale.La costruzione di una “buona rete di terzisti” potrebbe essere uno delle soluzioni per salvaguardare il settore per i prossimi anni.
Come pure la figura del “terzista” potrebbe essere accolta in ANACAM, come nuovo elemento della filiera produttiva.
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