martedì 30 dicembre 2008

Se fossi un ....




In questo clima di ufficiale “recessione” consentitimi per sdrammatizzare un pò , di fare il gioco “semi-serio” del


SE FOSSI UN ….

Se fossi un… Presidente del Consiglio
mi preoccuperei seriamente del tessuto delle micro-piccole e medie imprese che da sempre in Italia è il settore trainante, abbandonando gli aiuti ai settori storici (auto ad esempio) perché devono essere in grado da soli di riposizionare la loro offerta sul mercato nazionale e globale visto anche il necessario nuovo riposizionamento della politica industriale e finanziaria figlia dell' attuale ultra-liberismo occidentale

Se fossi un… Ministro dello Sviluppo Economico
solleciterei innovazioni e cambiamenti nelle piccole e medie imprese, finanziando aiuti concreti e soprattutto “immediati” in tal senso. Mi accorgerei finalmente della realtà ascensoristica italiana, leader mondiale del settore, sostenendone l'ulteriore sviluppo. Constringerei le banche ad attuare politiche finanziarie di sostegno alle imprese

Se fossi un… Presidente di un Associazione di ascensoristi
abbandonerei per qualche tempo le classiche “politiche associative” e mi attiverei per sostenere, mediante una posizione ”illuminata” ed con uno spirito di "servizio", una reale trasformazione "sistemica" dell' intera filiera del settore, con un approccio che ho già precedentemente definito "godeliano", stimolando innovazioni tecniche ed organizzative nelle imprese con sostegni e servizi concreti e con apertura di corsi, seminari e dibattiti nonchè confronti continui anche con il supporto di consulenti esterni

Se fossi un… Imprenditore ascensoristico di piccole dimensioni
sapendo che purtroppo i cambiamenti organizzativi non avvengono mai nei momenti di successo, mi dedicherei subito alla riorganizzazione interna per riposizionarmi sul mercato con maggior vantaggio competitivo nel momento della “ripresa” non trascurando “fusioni” e collaborazioni e sinergie con altre imprese

Se fossi un… Imprenditore ascensoristico di grandi dimensioni
sull'esperienza della crisi mondiale anche di grosse banche ed aziende, non mi cullerei sugli allori ben sapendo che anche l’eventuale “successo non è mai definitivo” (vedi Churcill) e mi dedicherei alacremente al miglioramento continuo della mia organizzazione per riposizionarmi sul mercato con maggior vantaggio competitivo nel momento della “ripresa”

Se fossi un … Operaio ascensorista
continuerei a fare seriamente il mio lavoro sollecitando sempre ,però, un aggiornamento continuo sulla mia sicurezza, sulle nuove tecnologie e accettando con fiducia i cambiamenti organizzativi che l’azienda ritiene necessarie

Se fossi un… Amministratore di Condominio
sosterrei con i condomini la valenza sociale dell’ascensore affinché le spese relative non vengano “relegate” tra le ultime da onorare

Se fossi un… Utente
mi augurerei che gli ascensori siano sempre più sicuri e che sul mercato il servizio sia offerto con un giusto rapporto qualità/prezzo

Infine …. Se fossi un blogger
come del resto sono…. mi sforzerei con umiltà e passione di stimolare la riflessione sui temi fondamentali che ci riguardano, in libertà di pensiero e di azione.

martedì 23 dicembre 2008

Un altro anno è passato!



Il 2008 non è stato per tutti uguale.

Se qualcuno ha avuto succeso imprenditoriale , altri hanno "sofferto" oltre misura.

Winston Churcill (1874-1965) affermava, a tal proposito che:






"Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale:
Ciò che conta è il coraggio di
andare avanti
"


"Il successo è l'abilità di passare da un fallimento all'altro senza perdere l' entusiasmo"



Queste frasi mi hanno sempre stimolato nella vita professionale ed imprenditoriale.

E' con questo spirito che invito tutti ad affrontare anche il 2009.!


AUGURI


your blogger

mercoledì 10 dicembre 2008

La difficoltà di "volare alto"!


Nel periodo universitario rimasi colpito da un teorema di Gödel, uno dei più grandi matematici e filosofi mai esistiti (1906-1978): “l’aritmetica, con l’utilizzo dei suoi propri mezzi, non può dimostrare la propria consistenza”.
Sembra astruso ma non lo è!
Estrapolando il concetto: “Ogni teoria ha bisogno di una teoria più ampia e complessa (detta Metateoria) per essere dimostrata” o anche “Ogni sistema per essere spiegato ha bisogno di un meta- sistema più ampio” o anche “Un linguaggio può essere descritto interamente solo da un metalinguaggio con strutture più complesse”, ecc, ecc.
Il teorema di Gödel quindi ha implicazioni che non riguardano soltanto la matematica e permette lo sviluppo di una discussione su più piani.
La mia “folgorazione” universitaria è stata tale che ne ho sempre fatto oggetto del mio approccio ai problemi ed in generale del mio stile di vita.
Non è infatti vero che per tentare di risolvere un problema di qualsiasi natura è necessario astrarsi dallo stesso e guardarlo dal di fuori?
Non è forse vero che una manager di ampie vedute (più complesse) risolve più facilmente i problemi di un’azienda. Non si tratta di essere preparato e competente (o “tuttologo”, come qualcuno malignamente pensa) ma di usare l’approccio giusto alla soluzione dei problemi. Questo è il motivo per cui, ad esempio, anche un ottimo tecnico non necessariamente diventa un buon manager.
Nel linguaggio comune, quando si dice “volare alto”, per esempio, significa proprio sapersi astrarre e guardare la realtà nel suo complesso spiegandola con un linguaggio anche "esterno" alla realtà stessa.
Calato nelle associazioni, l’argomento diventa molto interessante:
Pensiamo alle associazioni di imprenditori; pensiamo all’insieme delle imprese ascensoristiche (chiamamolo il ”sistema”).
Chi deve condurre politicamente e gestionalmente un sistema siffatto? Chi lo deve spiegare? Un uomo che è uguale al sistema stesso o un uomo di più ampie vedute che sia in grado di vedere il “sistema” nel suo complesso?
E’ proprio così: il “sistema” per progredire, migliorare, crescere non può essere visto mettendosi all’interno ma solo guardandolo dall’esterno. La chiave del successo di un leader associativo sta nel fatto che pur appartenendo al sistema è in grado di guardarlo, spiegarlo e condurlo con strumenti e linguaggi esterni al sistema stesso. Non è vero che, come un anziano leader associativo mi ha detto recentemente, "l’ associato deve riconoscersi nel presidente e solo in questo caso il presidente può avere successo".
E’ vero proprio il contrario: i veri presidenti ed i veri leader devono avere vedute molto più ampie di quelle del sistema che governano. Sembra l’uovo di colombo: ma questo concetto spiega facilmente il successo di alcuni presidenti associativi (con i relativi governi) rispetto ad altri.
Esistono periodi associativi “piatti” (con presidenti e governi di un certo tipo) e periodi associativi “dinamici” (con presidenti e governi "gödeliani").
Qualcuno afferma che un periodo associativo “piatto” deriva da precise nascoste volontà strategiche.
Non è così: ”Non esistono, purtroppo, particolari “strategie” politiche dietro un periodo “piatto” esistono solo presidenti e governi che non rispettano il teorema di Gödel….. e quindi non sono capaci di produrre “strategie”!

lunedì 14 luglio 2008

Lezione di giornalismo: Perché le notizie vanno “comunque” date!



La questione di come “dare” e “porre” le notizie è dibattuto da sempre. Esistono a tal riguardo varie scuole di pensiero che proverò a sintetizzare in sole tre.
Prima scuola di pensiero (forse la più semplice e la meno rischiosa): non dare la notizia. E’ ovvio che in tal modo non si esprime alcuna posizione e non si dà alcun rilievo alla cosa. In tal caso la volontà precisa è quella di non comunicare la cosa per timore che si diffonda “troppo”. Seconda scuola di pensiero: dare una notizia “edulcorata”, il cui livello di “edulcorazione” è ovviamente variabile e può dipendere da tante cose; provo a citarne qualcuna: la paura di non essere capiti sino in fondo; la voglia di controllare la reazione dei destinatari; il timore che i destinatari capiscano … “troppo”; la paura che i destinatari non capiscano …”niente” e si preoccupino oltre misura delle conseguenze della notizia stessa.
Terza scuola di pensiero: dare la “notizia” in maniera oggettiva, spiegandola quanto più possibile, evidenziando gli eventuali dubbi e sperando che la stessa sia da stimolo alla riflessione e ritenendo che i destinatari comunque siano in grado di capire e valutare da soli le conseguenze della notizia stessa.
I giornali “politici” sono bravissimi a utilizzare di volta in volta le tre scuole di pensiero per ovvi tornaconti soprattutto di elettorato. Leggevo che ad esempio Berlusconi si esprime ed “edulcora” le notizie perché dice che l’italiano medio ha il titolo di studio della seconda media inferiore e quindi le notizie gli vanno poste in modo che l’italiano (poverino!) le possa capire! Il discorso si farebbe complicato perché effettivamente alla fine esiste uno modo di dare le notizie “di destra” e uno “di sinistra”, uno di “regime” ecc e non intendo aprire qui questa discussione che ci porterebbe lontano.
Ciò di cui mi interessa invece è parlare di come dare le notizie di carattere tecnico-legislativo all’interno delle associazioni.
Ovviamente una notizia “tecnico-legislativa” è di per se “oggettiva” per cui il problema sembrerebbe non porsi. Ed invece no, perché la notizia tecnico-legislativa potrebbe essere soggetta a dubbia interpretazione ed allora che fare?
Ecco le tre scuole di pensiero!
Prima scuola: non dare la notizia perché dubbia ed aspettare che altri eventualmente la diano e la interpretino (perché qualcuno prima o poi, sicuramente lo farà) trincerandosi sotto l’alibi: ”meglio non dare notizie che darle dubbie!”. Conseguenza di questo modo di fare: restare al carro degli altri e magari essere poi accusati dagli associati di non essere pronti e veloci ad interpretare le leggi e le norme.
Seconda scuola: “edulcorare” la notizia interpretandola nel modo più “facile” e “vantaggioso” per l’associato, così l’associato (che forse non è in grado di “capire” fino in fondo le conseguenze … sic!) non si preoccupa e non è costretto ad adeguarsi irresponsabilmente. Conseguenza di questo modo di fare: l’associato non cresce, lo si ritiene sempre incapace e ovviamente anche l’associazione non cresce perché è espressione di questo tipo di associato.
Terza scuola: avere il coraggio di porre la notizia nella maniera più oggettiva possibile e se è di dubbia interpretazione motivare e spiegare i motivi del “dubbio” facendo capire che è in atto una discussione sul problema e che l’associazione comunque assume una posizione al riguardo di un certo tipo. Conseguenza: l’associato è comunque informato; l’associato è stimolato alla riflessione; l’associazione ne guadagna in immagine perché sempre attenta alle problematiche del settore; ed in ultimo l’associazione non è al carro degli altri, anzi dimostra alle Istituzioni che ha le capacità per voler contribuire alla comprensione ed alla risoluzione degli eventuali dubbi interpretativi.
E se la notizia riguarda problemi di sicurezza sul lavoro? A maggior ragione la notizia va data presto e subito e se esiste un ragionevole dubbio questo va sicuramente interpretato all’inizio a “favore” di sicurezza e non al contrario, oppure …tacendo!

martedì 1 luglio 2008

L'incapacità tecnica delle nostre Istituzioni!

Sono sinceramente preoccupato!
Più passano gli anni (ed ormai ne ho quasi 58!) e più mi accorgo della incapacità tecnica delle nostre istituzioni. Volendo trascurare i fatti eclatanti dell’esame di stato di quest’anno (viene sbagliata la traccia del compito di italiano nonché quella di greco ed inglese) e riferendoci al nostro settore dell’impiantistica, ricordo ad esempio la grossa confusione creata dal D.M. 37/08 sulla sicurezza degli impianti; infatti adesso l’art. 13 sulla documentazione è stato abrogato. Senza considerare la confusione ancora imperante per l’automazione dei cancelli. E che dire dei numerosi dubbi della precedente legge 46/90?
Sono innumerevoli i casi di leggi, decreti legislativi, decreti ministeriali, circolari, chiarimenti, appalti pubblici e quant’altro, che contengono imprecisioni, approssimazioni, errori, richiami sbagliati ad altre leggi/norme, ecc. Questo provoca un dispendio enorme di energie da parte di tutte le categorie imprenditoriali,professionali, lavorative, tecniche per cercare di interpretare nel migliore dei modi le nuove disposizioni. Non ultimo il decreto legislativo sulla sicurezza (81/08) che con una serie di rimandi, ritorni non ci ha ancora chiarito se nel caso di cantiere è necessaria la presenza di uno o più coordinatori della sicurezza! Ed il Condominio che cosa è? Possibile che nonostante il fatto che in Italia ci sia una elevatissima densità abitativa e residenziale e che altissimi sono gli incidenti nei luoghi privati, non si senta il bisogno di esprimere con chiarezza e precisione il “luogo” condominiale. Ed allora cosa succede: non si risparmiano le disquisizioni di illustri magistrati, avvocati ecc sulla interpretazione dell' art. 26 del d.lgs 81/80: "Sarà Il condominio un committente oppure un datore di lavoro?". Ed i giornali ci sguazzano ospitando tutti coloro che in realtà “interpretano” e non “risolvono” il problema che poi in ultima analisi sarà, in caso di infortunio, “interpretato” dal magistrato con il codice civile ed il codice penale alla mano (meno male che ci sono quelli!).
Per non parlare poi del decreto Scajola del 2005: non ancora applicabile e che indica la norma “081-80” e non “81-80”! Il Ministero a distanza di tre anni si è barcamenato in continuazione: si sono alternati sottosegretari, ministri, funzionari, dirigenti per non risolvere ancora niente! E nel frattempo i magistrati continuano a dire che al primo incidente le responsabilità verranno tutte fuori!
L’unica risposta che sa dare bene il Ministero è del tipo: siamo pochi, non possiamo fare molto, non possiamo, ad esempio, fare il controllo del mercato, tra poco ci riorganizzeremo, cambieremo gli uffici, .. ecc, ecc.
E sapete cosa succede se per caso un funzionario viene rimosso? Niente paura ce lo ritroveremo in un altro posto gerarchicamente superiore!
Ma si vuole rendere conto lo Stato Italiano che l’ascensore è il mezzo di locomozione più diffuso al mondo, che in Italia si effettuano 100 milioni di corse, che l’industria di ascensori italiana è leader al mondo, che l’Italia è la nazione con più ascensori al mondo, ecc.
La situazione si è acuita con la Comunità Europea: noi mandiamo i nostri esperti in Europa per “costruire” le norme tecniche che poi verranno recepite dagli Stati membri; poi torniamo in Italia ed i nostri tecnici vengono definiti magari incompetenti dalle Istituzioni tecniche italiane che qualche volta si tacciano di volere spiegare agli stessi esperti la loro “interpretazione” delle norme … è veramente il colmo!
L’attuale Ministro delle Pubblica Amministrazione e dell'Innovazione ha recentemente pubblicato l’elenco degli svariati milioni di euro che si spendono per fornire “la consulenza” alle nostre istituzioni … e meno male! E che cosa fanno i “consulenti” se poi i nostri dirigenti e funzionari pubblici ci propinano questi risultati?
Vi racconto cosa può succedere per un appalto pubblico tecnico in un ospedale di grosse dimensioni: a) l’Ufficio Tecnico formato da ingegneri, periti, geometri deve preparare il capitolato e non ne è capace (chissà perché?); b) allora attiva dei “consulenti” pagati profumatamente per essere aiutato; non tutti i “consulenti” conoscono bene gli argomenti (chissa perché?) ed allora cosa fanno?; c) si rivolgono ad amici tecnici del settore (ascensoristico per esempio) per farsi aiutare.
Alla fine abbiamo pagato i dipendenti pubblici ed i consulenti per niente!
Naturalmente non siamo sicuri del risultato raggiunto anche perché i tecnici del settore magari conoscono “meglio” le caratteristiche di un impianto e non di un altro: quante gare sono state contestate proprio perché non “oggettive” ma forse troppo “personalizzate”?
Mia moglie che mi sta affianco mentre sto scrivendo e che ha sbirciato mi dice: “Ma a che serve il tuo sfogo? Pensi che cambierà qualcosa?”
Forse ha ragione lei … la mia rischia di diventare, per l'ennesima volta, solo una visione idealista e retorica della realtà!

giovedì 29 maggio 2008

Dopo il TUE, il TUS adesso anche il TUA?



Il 2008 sarà certamente ricordato come l’anno della sicurezza.
Il Dpr 81/08 pubblicato il 1 aprile 2008 definisce il “Testo Unico della sicurezza” (TUS). Il TUS fa piazza pulita di tutte le leggi, le norme, le circolari, i chiarimenti che, dallo storico Dpr 547/55 hanno costellato il mondo delle imprese e dei lavoratori. Oggi finalmente abbiamo un testo unico al quale riferirci. Certo avremo ancora bisogna di conoscerlo meglio, di approfondirlo e ciò potrà avvenire solo utilizzandolo da subito nel migliore dei modi. Sarà la prassi che andrà a consolidare il testo e lentamente il processo di consolidamento porterà alla stabilizzazione e uniformità di comportamenti.Il TUS si affianca ad un altro testo unico del 2001, quello relativo all’edilizia il dpr 308/01 (TUE) e successive modificazioni del 2002 e 2003 che contiene concetti e norme proprie del settore edile e impiantistico connesso.
Qualcuno mi ha fatto notare: “Forse è il momento che anche gli impianti di sollevamento abbiano un testo unico!”. Sembra una osservazione peregrina, ma in fondo non lo è. Se è vero che un vero e proprio Testo Unico non serve, forse però un serio approfondimento di tutte le implicazioni che le varie leggi e norme hanno sugli impianti di sollevamento è veramente necessario.In questo senso il TUA (Testo Unico sull’ Ascensore) dovrebbe contenere: tutte le norme tecniche proprie degli impianti di sollevamento, tutti i collegamenti e le implicazioni che il TUS ed il TUE hanno sui lavori connessi alla installazione, riparazione, ammodernamento e manutenzione degli ascensori, senza dimenticare il dm 37/08 relativo alla regola dell’arte sugli impianto.E che dire delle implicazioni della Direttiva europea sui prodotti da costruzione nonché quelle del Codice del consumo?
Un obiettivo che l’ ANACAM, attraverso il proprio Centro Studi, si dovrebbe porre a breve-medio termine è quello di integrare la sua capacità di essere presente nelle norme tecniche ascensoristiche (con la Commissione Tecnica) con quella di interpretare le implicazioni che tutte le altre leggi hanno nel nostro settore, semmai con la propria presenza presso i Ministeri opportuni per ottenere chiarimenti, interpretazioni e quant’altro necessario al settore ascensoristico per una corretta applicazione delle leggi stesse.

giovedì 20 marzo 2008

Le difficoltà che incontrano le persone oneste

L’ altro giorno parlavo con un amico, amministratore di condominio, socio ANACI, il quale mi raccontava delle recenti facilitazioni fiscali in merito a lavori sugli edifici volti alla riduzione di consumo energetico.
Mi raccontava però del fatto che nonostante lui personalmente fosse un fautore della necessità di fare lavori utili al condominio e con condizioni fiscali molto vantaggiose, era costretto a "frenare" perché se avesse spinto molto sull’idea avrebbe sicuramente trovato difficoltà in assemblea per il sospetto che lui potesse avere interessi personali a che i lavori si facessero.
Devo purtroppo constatare che è proprio così!
Ho conosciuto nella mia vita molte di queste persone oneste e magari anche appassionate che dovevano con grosso sforzo superare il muro del “sospetto”. Anzi quanto più le persone erano motivate, volitive ed appassionate tanto più sorgeva spontanea la domanda: “Ma perché lo fa? Sicuramente avrà il suo tornaconto”. Con l’unico risultato dell’immobilismo e delle non-decisioni, in attesa che la soluzione nel tempo “sorgesse spontanea” e non sostenuta da qualcuno in particolare.

Ovviamente non tutte le persone sono oneste come però è pure vero che non tutte sono disoneste: perché perciò non accogliere con favore le iniziative e la disponibilità di chi vuole “fare” in maniera professionale e disinteressata? e non fare ostruzione solo, magari, per partito preso?
Quali sono le motivazioni che stanno alla base di questo atteggiamento generalmente sospettoso nelle persone che vogliono decidere, fare e risolvere i problemi?
D’ altra parte come contestare il “sospetto” con una classe politica così corrotta? Come non criticare il continuo “abuso in atti di ufficio”?
La situazione purtroppo è generalizzata e tocca il pubblico ed il privato, il manager come il semplice impiegato, il professionista come l’operaio.
Tutto ciò produce “diffidenza” diffusa ed il “luogo comune” prevale.

E così nei posti decisionali delle imprese, della politica e delle associazioni, qualche volta, non ci arriva chi decide e propone ma chi “frena”, perché così almeno, magari in buona fede, non nascono sospetti!

Qualcuno mi dirà che sono un idealista e che non vale la pena di impegnarsi per cambiare le cose vista la corruzione così dilagante e consolidata.
Io invece continuo a combattere con passione i luoghi comuni e le generalizzazioni, difendendo e stimolando le persone che vogliono proporre, decidere e fare: ovviamente occorre una buona dose di umiltà anche per ascoltare gli altri!

E, poi, di solito ho imparato a:

Diffidare delle persone che diffidano”… a buon intenditore poche parole!

Nella foto: Il Maestro Ueshiba Morihei (1883-1969), fondatore dell' Aikido. Lo scopo dell'Aikido è di allenare la mente e il corpo, di formare persone oneste e sincere.


lunedì 25 febbraio 2008

Outsourcing: Terzisti SI, Terzisti NO


Il fenomeno dell’OUTSOURCING (letteralmente "ricorso a fonte di approvvigionamento esterno") non è nuovo nelle imprese.Nel settore dei servizi è ormai diffusissimo. Ma incontra ancora molte difficoltà nel settore ascensoristico.Nel passato in particolare era addirittura usato in senso denigratorio: Chi ricorreva all’outsourcing ovvero ai “terzisti”, si diceva che non aveva le capacità per fare da solo ovvero si affidava a manodopera esterna non qualificata come quella interna.Inoltre si era, e forse lo si è tutt’oggi, molto “gelosi” dei propri ascensori e delle proprie installazioni, senza contare che favorire la crescita di altre realtà poteva significare alimentare la concorrenza! Ricordo quando il primo passo lo fecero le multinazionali e per questo atteggiamento furono molto criticate. Le Pmi usavano questo discorso per screditare l’attività delle multinazionali rispetto a quelle delle PMI più affidabili, più capaci, perché utilizzavano esclusivamente personale tecnico interno all’azienda.


Come stanno le cose oggi?
Quali sono i pro e i contro all’utilizzo di personale tecnico sterno?

La recente indagine del Centro Studi dell’ANACAM sui tempi medi di incasso e di pagamento delle imprese ascensoristiche, ha evidenziato il grave problema della liquidità aziendale delle Piccole e medie imprese. Lo studio ha evidenziato l’importanza della riduzione dei costi fissi e ricorrenti.L’analisi dei costi delle aziende ascensoristiche di manutenzione, riparazione ed installazione conduce alla seguente formula:


Costi totali = Costi generali + costi commerciali + costi manutentori + costi riparatori + costi installatori + costi materiale + costi finanziari


Come suddividere i costi fissi da quelli variabili?La crisi di liquidità di molte aziende deriva proprio dal fatto che quest’ultime si intestardiscono a mantenere strutture lavorative rigide e non flessibili. Ciò poteva essere vero quando i margini erano elevati ma oggi non è più così e si giunge spesso a gettare la spugna per non volere effettuare una cura di “dimagrimento” strutturale anche se dolorosa.E’ infatti ovvio che una organizzazione che non fa ricorso a risorse esterne ha costi totali invariati (tranne che il costo dei materiali che dipende dal venduto dell’azienda) che non dipendono quindi dall’andamento del mercato e delle contingenze (gare pubbliche vinte, vendita impianti ridotta, ecc), generando nel contempo un esborso di cassa elevato e ripetitivo.Una buona gestione organizzativa deve invece individuare nei costi fissi quelli che non dipendono a medio-lungo termine dal mercato, nei costi variabili invece, quelli “contingenti” e quindi dipendenti dall’andamento del mercato.

Perciò:

costi fissi = costi generali + costi commerciali + costi manutentori + costi finanziari
costi variabili = costi riparatori + costi installatori + costi materiale.
Le spese fisse sono “cash” mentre i costi variabili sono pagati a 30-60gg e più.Il ricorso all'outsourcing è divenuto una necessità e non una scelta.Ovviamente non bisogna rendere variabile “tutto”, “esternalizzando tutte le attività” , diventando così una scatola vuota di intermediazione.Le attività "core" dell'azienda andrebbero salvaguardate trovando un buon compromesso tecnico-organizzativo.Una buona soluzione consiste nell’affidare a terzi i lavori di riparazione ed installazione, conservando all’interno la manutenzione e le piccole riparazioni (anche se qualcuno per rispondere alle gare pubbliche di durata contrattuale breve, preferisce oggi subappaltare anche la manutenzione).

Senza considerare il fatto che si hanno i seguenti vantaggi:
. il costo orario della manodopera è più basso perché le piccolissime organizzazioni terziste non hanno le spese generali e di struttura delle PMI ( si può facilmente dimostrare un risparmio che arriva facilmente al 35-40%!)
. i costi degli interventi dei terzisti sono di solito “chiavi in mano” per cui è possibile stimare le offerte con la massima precisione senza rischi di “sforamenti” di budget, molto frequenti con manodopera interna
. il pagamento è dilazionato nel tempo (almeno 30-60gg)
. possibilità di fare fronte anche a più commesse contemporaneamente utilizzando anche più di un’ azienda terzista
. si possono liberare risorse e tempo per sviluppare nuovo mercati o migliorare le attività interne di manutenzione e piccole riparazione

Quali sono invece gli svantaggi?
. occorre rinunciare ad una parte del proprio "core business"
. occorre selezionare aziende terziste di comprovata affidabilità tecnica e comportamentale (non dimentichiamo che il terzista rappresenta l’azienda presso il cliente)
. occorre seguire sporadicamente sul campo le attività svolte con un tecnico interno
. occorre formalizzare il rapporto contrattuale per le responsabilità connesse all’attività lavorativa (legge 626/94 e 494/94, ecc).

Con la diffusione dei “terzisti” la concorrenza delle altre imprese è molto aumentata per cui il non farvi ricorso pone l’offerta dell' azienda qualche volte fuori mercato. A nulla serva nascondere “la testa nella sabbia” e far finta che il fenomeno non esiste.
Nei riguardi della clientela il discorso può essere posto con maturità senza far credere che il ricorso a manodopera esterna sia una “diminutio” di immagine e/o di “qualità” del servizio reso.

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Il ricorso all'outsourcing è diventata ormai una realtà ineluttabile, della quale non si può più fare a meno e la tendenza è in crescita.
Sono dell’idea, pertanto, che è interesse delle PMI ascensoristiche favorire la nascita e la crescita di queste realtà per poterle utilizzare come normale prassi organizzativa aziendale.La costruzione di una “buona rete di terzisti” potrebbe essere uno delle soluzioni per salvaguardare il settore per i prossimi anni.
Come pure la figura del “terzista” potrebbe essere accolta in ANACAM, come nuovo elemento della filiera produttiva.

lunedì 18 febbraio 2008

Finalmente sono disponibili i "dati" delle PMI del settore!

Le condizioni di liquidità delle PMI ascensoristiche di manutenzione, riparazione ed installazione hanno subito negli ultimi anni un significativo peggioramento.
La situazione dei crediti, infatti, si è negli ultimi anni largamente modificata in peggio per le PMI. La necessità di concedere credito commerciale ai clienti per lungo tempo è aumentata, e sta tuttora aumentando, spesso in modo imprevisto, ciò al di là dei pur modificati rapporti contrattuali.
Questo fenomeno negativo si correla anche al fatto che, rispetto ad alcuni anni fa, a parità di struttura organizzativa ed organico delle aziende, si è avuto mediamente una diminuzione dei margini delle PMI, derivante da una complessiva riduzione di valore aggiunto.
Una delle ragioni di questa diminuzione, per diverse aziende, è l'aumentato costo degli interessi del credito bancario a breve reso necessario della situazione di liquidità sopra descritta.
Più in generale, la riduzione del valore aggiunto è stata dovuta semplicemente ad un abbassamento dei prezzi dei prodotti e soprattutto dei servizi svolti (testimoniato per esempio dal recente indagine del Centro Studi Economici ANIE - L’ascensore: scende o sale?- Tendenze dell’ Industria italiana di Ascensori e Scale mobili” – 2007), dovuto alla maggiore competizione sul mercato.
Questa, in buona parte, si collega purtroppo ad una diminuita percezione da parte del cliente della necessaria qualità del servizio da svolgersi sul mercato ascensoristico, della professionalità indispensabile che va riconosciuta agli operatori delle attività di manutenzione, riparazione, installazione, del valore della responsabilità che si devono assumere le aziende sul fronte della sicurezza degli utenti, il che rende necessari tra l'altro costosi aggiornamenti tecnici del personale, il cui costo mediamente è aumentato considerevolmente.
La situazione debitoria di queste aziende, invece, è rimasta piuttosto stabile nel tempo. Le attività delle imprese ascensoristiche di manutenzione e riparazione non è infatti caratterizzata da particolari investimenti produttivi per la natura stessa del servizio svolto; la situazione debitoria è tale prevalentemente in relazione ai rapporti commerciali intrattenuti coi fornitori di materiali e di servizi; questi ultimi fanno credito alle aziende ascensoristiche, ma in misura proporzionale alla loro dimensione, quindi, per le PMI, limitata.
La recente indagine effettuata dal Centro Studi dell’ANACAM (Centro Studi ANACAM: “Studio sui tempi di incasso e di pagamento – Indagine sulle transazioni commerciali nel settore delle PMI ascensoriostiche italiane” - 31 gennaio 2008”), fotografa uno scenario molto allarmante.
La gravosità della gestione finanziaria è peraltro nota a tutti gli imprenditori che quotidianamente sono costretti ad investire risorse, capitali, energie, per problemi di liquidità, trascurando quello che è l’ oggetto principale dell’ azienda, ovvero la produttività.
L’ analisi dei risultati è emblematica e riassuntiva della situazione di squilibrio finanziario in cui sono costrette ad operare le imprese, la cui capacità di produrre reddito è fortemente influenzata da questi vincoli. Il perdurare dell’indisponibilità monetaria, l’incidenza degli oneri finanziari derivanti dal ricorso al credito bancario a breve, l’impossibilità di queste imprese ad avere capitali disponibili da rinvestire nell’azienda per autofinanziarsi, portano ad una criticità del sistema. In concreto queste aziende presentano spesso un reddito operativo positivo, mentre il risultato finale delle gestione è negativo, ciò equivale ad affermare che siamo di fronte ad aziende ben gestite dal punto di vista del mercato e delle risorse ma che presentano oneri finanziari molto sostenuti, quindi aziende sane economicamente, ma malate finanziariamente che a lungo andare corrono il rischio di un depauperamento finanziario.
Ciò vale in particolar modo per le micro e piccole imprese del Sud-Isole e del Centro, dove i tempi di incasso sono più alti e i tempi di pagamento ai fornitori sono più bassi, presentando così un differenziale (differenza tra i due parametri) molto alto, pari a 108 giorni!
Analizzando anche la distribuzione delle aziende sul territorio italiano lo studio rileva che oltre il 70% risiede e opera in capoluoghi di regione (aree metropolitane) mentre circa il 30% opera nelle altre provincie. In provincia il valore aggiunto rimane alto in quanto il mercato è in mano a poche aziende di solito con molti impianti, con una barriera di ingresso per le aziende nuove.In queste realtà (“isole felici”) il fenomeno della liquidità è meno o per nulla sentito in quanto, pur rimanendo alti i valori medi della nostra indagine, il ricorso all’indebitamento bancario è ridotto se non addirittura assente.
L’ ANACAM, che oggi rappresenta più di un terzo delle imprese ascensoristiche italiane e circa il 55% del volume d’affari globale del settore, dovrà proprorre soluzioni alle istituzioni e modelli organizzativi per le PMI del settore che aiutino in particolare le micro e piccole imprese ad uscire dalla crisi finanziaria. L’impegno assunto deve avere carattere di urgenza per sollecitare ed esigere provvedimenti immediati da parte degli Enti e delle Istituzioni nazionali ed europee, a tutela del settore delle piccole aziende ascensoristiche italiane.
Gli studi sopracitati hanno fornito, dopo molti anni, un po' di "dati" sul settore!

lunedì 21 gennaio 2008

Associazioni: in pochi o in molti? un blob o un club? fuori o dentro?


Lo spirito che unisce le imprese nell’associazionismo è sempre stato in un certo senso “contradditorio”:
Da una parte le associazioni per essere rappresentative hanno bisogno di un numero significativo di iscritti; dall’altra gli associati per poter far parte dell’associazione devono di solito rispettare un codice etico che costringerebbe forse ad eliminarne non pochi”.
Cercherò di esprimere il mio pensiero su questo delicato ed annoso argomento del quale malvolentieri si scrive ma molto si parla nelle riunioni di imprenditori.
Non vi è dubbio che un’ associazione di imprese con pochi inscritti, diciamo di “qualità”, può essere molto “virtuosa” ma conta poco, nel senso che non è sufficientemente ascoltata presso le istituzioni. Al contrario associati numerosi possono vantare più peso “politico” con il rischio però di abbassare la qualità dell’associazione stessa. E che dire poi del fatto che le Associazioni devono promuovere iniziative per la crescita imprenditoriale degli associati, per la loro formazione e per il loro sostegno? E non è nello spirito associativo aiutare un’azienda in difficoltà oggettiva?
Il vero problema politico per una associazione è quindi, in generale, decidere se fare e in che misura “proselitismo” o “selezione”?
La prima strada di tipo espansionistico procura danni alla “qualità” e scontenta gli associati migliori, la seconda strada rischia di creare invece una cattedrale nel deserto seppur “virtuosa”. Occorre dire che un’ associazione è “un insieme di individui/aziende uniti/e per uno scopo, per una finalità, per un interesse comune”. Lo statuto di ogni associazione infatti presenta sempre tra i primi articoli lo “scopo associativo o le finalità”. In particolare nelle associazioni di imprese lo scopo principale si riassume spesso in quello di (esempio tratto dallo Statuto ANACAM):
Art. 2 - Finalità
L'ANACAM persegue le seguenti finalità:a. tutelare gli interessi degli associati rappresentandoli nei confronti di enti ed organismi pubblici, privati e associazioni di categoria;b. ….omissis..”.
Da questo punto di vista, quindi, il numero degli associati, cioè il numero delle aziende che esprimono il loro punto di vista presso le istituzioni, risulterebbe determinante.
Già nel mio post del 4 luglio 2007 ho ribadito l’importanza dei “numeri” per sedersi intorno a certi tavoli.
Ciò non significa che le minoranze (ovvero le associazioni di piccole dimensioni) non vadano ascoltate e nessuna vieta loro di mettere in atto tutte le iniziative perché ciò avvenga, ma non vi è dubbio che numeri molto bassi non possono essere rappresentativi di un intero categoria.
Se lo scopo è quello di rappresentare gli interessi presso le istituzioni non vi è quindi dubbio che bisognerebbe attuare una politica di continuo “proselitismo” che punta a massimizzare il numero delle aziende associate.
E’ però oltremodo importante il fatto che le aziende siano omogenee, per poter condividere gli interessi comuni. Come pure devono essere “eticamente” corrette. Pena ambiguità e tensioni nella politica “interna”, ambizioni e conflitti.
Bene ha fatto ad esempio l’ Anacam a caratterizzarsi come associazione delle piccole e medie imprese ascensoristiche, privandosi delle aziende grosse e delle multinazionali confluite in Assoascensori; provando addirittura, ma non riuscendoci, a riorganizzarsi internamente in piccole, medie e grandi; infine dotandosi di un codice “etico”.
Mentre attuale è il dibattito in Confindustria che negli ultimi anni ha allargato la base associativa includendo pubblici, privati, ferrovie, poste, banche, commercianti, agricoltori, aziende di piccole e grosse dimensioni, creando così un “Blob” indistinto. Al contrario altri si battono per una nuova Confindustria, dopo Montezemolo, capace di creare reti di servizi industriali al servizio delle imprese migliori, riunite quindi in un specie di “Club” di qualità.
Come, risolvere quindi il problema della “qualità” dell’associato? E’ certo molto più semplice “allontanare” che “educare”, come è molto più semplice “condannare” che “redimere” le imprese. Diverso è stato, per esempio, l’atteggiamento delle varie Unione Industriali sul come trattare gli imprenditori ricattati dal racket (dentro o fuori?).
Secondo il mio parere, l’unica via possibile è quella della “espansione controllata”, quindi massima attenzione sui nuovi iscritti e poi continua educazione, formazione, crescita, coinvolgimento e sostegno in generale alle imprese associate mediante reti di servizi.
Una buona associazione si dovrebbe distinguere proprio per la capacità di gestire i fattori contrastanti sopracitati, coniugando le iniziative di crescita numerica con quelle di consolidamento, sostegno e servizio alle imprese associate (l’ANACAM ad esempio ha creato per questo secondo scopo la società di servizi ASSOLIFT).